giovedì 10 dicembre 2015

NODI E METRI-FAVA

In quanto ex marinaio, seppure ai tempi del servizio militare, proverei grande imbarazzo se non conoscessi l' origine del termine marinaresco "nodo" correlato alla velocità delle imbarcazioni.
Già, chissà anche voi quante volte vi siete chiesti come mai i marinai ed i naviganti misurano in questa maniera i proprio spostamenti lungo le acque marine, fluviali e lacustri.
E questo invece è compito mio, nella mia funzione di divulgatore scientifico, pronto a rivelarvi nuove gustose pillole di cultura tenute finora nascoste da quei cattivoni della comunità scientifica.
Orsù, sappiate che ai tempi delle prime civiltà della storia - e parliamo di diverse migliaia di anni fa -  sorte nel bacino del Mediterraneo, le prime vie di comunicazione per mare erano decisamente trafficate pur nell' ignoranza generale di chi non sa riconoscere una stella dall' altra nè tanto meno potere capire la propria velocità di crociera.
In tal senso, l' uomo che cambiò il corso della storia della nautica è sicuramente l' esploratore babilonese Ar-tat-tack, che grazie ad una propria felice intuizione, riuscì a mettere a punto un metodo infallibile per stabilire con estrema precisione la velocità della propria nave durante la navigazione.
Durante uno dei suoi innumerevoli viaggi inutili lungo il tratto settentrionale del fiume Eufrate, Ar-tat-tack si ritrovò a fronteggiare il malumore di buona parte del proprio equipaggio, letteralmente fuori controllo. I marinai non erano arrabbiati per via della scarsa qualità del cibo a bordo o per altri motivi relativi alla dura vita da imbarcati, ma bensì perchè erano venuti a conoscenza - in maniera casuale - che il giovane mozzo di bordo si era trombato le mogli, madri, figlie e sorelle di tutta quanta la ciurma, comandante compreso.
Beh, per placare l' ira dei marinai venne deciso di punire in maniera esemplare il lussurioso ed implacabile stallone. Non la pena di morte, giacchè i suoi tormenti sarebbero stati troppo brevi: la ciurma era assetata di vendetta e solo una pena  lenta e dolorosa avrebbe potuto rappresentare una forma minima di giustizia accettata dai lupi di mare.
Per farla breve - e qui sta il colpo di genio - il mozzo nubiano (dotato di una nerchia spaventosamente lunga che molti scambiarono per uno dei primi mostri marini) venne legato come un salame alla base dell' albero maestro della nave e, successivamente, gli venne fatto un nodo al suo anaconda per ogni donna trombata nel corso dell' ultima visita sulla terraferma. Per finire, al termine della numerosa sequenza di nodi praticata sull' energumeno, venne legata una grossa àncora in pietra a quella fava spaventosa e poi gettata in mare. A seconda delle urla di dolore e dei nodi di metri lineari di fava che si inabissavano - prima che la nave arrestasse la propria corsa in mare - si riusciva così a dedurre in maniera infallibile la velocità media dell' imbarcazione.
Nel corso dei secoli verranno usati successivamente strumenti a corda che sfruttavano lo stesso principio generale, ma nessuno avrebbe mai avuto la straordinaria precisione del primo strumento originale.

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