mercoledì 4 novembre 2015

L' IMBOSCATA

Non me l' aspettavo, ci sono caduto in pieno come un pivellino. Nemmeno le notizie dell' intelligence sul campo si sono rivelate efficaci a prevenire il fattaccio.
Già, mi sentivo tranquillo - perlomeno quel minimo che di questi tempi possa essere considerato un briciolo di calma - nonostante il pomeriggio movimentato che incombeva. Il catechismo del mercoledì.
Il tempo di pranzare velocemente, lavare i piatti con un occhio alla Martina che cominciava a fare i compiti sotto il mio controllo ed un occhio all' orologio per verificare che all' imminente appuntamento settimanale (alle 15:00) si arriverà puntuali e senza ritardi.
Certo, sapere che ci sono parecchi compiti a casa - tra italiano e matematica - mi lascia perplesso, considerando che poi, al rientro a casa, la bimba sarà fisiologicamente più stanca (e con meno voglia di adesso) di dedicarsi al completamento dei compiti assegnati.
Una bella gatta da pelare.
Per questo pensavo che, portandomi appresso i quaderni, le schede ed i libri necessari per i compiti - durante l' attesa dei bimbi all' interno delle aule con i loro catechisti - avrei potuto organizzarmi mentalmente per pianificare il lavoro da svolgere dopo insieme a mia figlia, per renderle meno pesante il resto dei compiti a casa.
Ovviamente, non avevo tenuto conto dell' imponderabile. Ovvero della riunione dei genitori dei bimbi iscritti al secondo anno di catechismo, alla quale non ho potuto sottrarmi, mio malgrado.
Non ero dell' umore giusto, con tanti problemi personali ancora da risolvere e con esigenze di carattere pratico ancora da sbrigare mi ci mancava anche quella riunione che mi avrebbe fatto perdere del tempo prezioso e che sarebbe stato difficile da recuperare senza fare salti morali.
Ma ormai ero caduto nella trappola, incanalato nella fiumana degli altri genitori che stavano entrando, mi era bloccata ogni via di fuga ed ogni manovra diversiva mi era impossibile, senza destare i sospetti del parroco.
Con l' animo pieno di rassegnazione, mi sono seduto sospirando sopra una delle seggioline appositamente preparate per l' assemblea, e maledicendo la malasorte per l' ennesimo sgambetto beffardo imprevisto.
A quel punto, speravo che almeno il senso di quella riunione avesse un' importanza perlomeno rilevante, in considerazione del tempo prezioso che veniva sottratto alla mia tabella di marcia relativa al pomeriggio odierno.
Macchè. Almeno per quanto riguarda la mia personalissima opinione, avrei potuto tranquillamente evitare quell' ora (e oltre) di reclusione religiosa all' interno del grande salone secondario all' interno della chiesa, senza che questo avesse potuto comportare conseguenze disastrose per il corso della mia vita.
Questo perchè, invece di parlare di eventuali problemi di carattere puramente organizzativo e/o logistico, la catechista in questione ha cominciato a illustrare il programma "didattico" che sarebbe stato affrontato nel corso dei prossimi mesi, preghiere comprese.
Già questo era sufficiente a farmi stare a mio agio quanto un ostaggio in pigiama arancione legato per mani e piedi dinanzi ad un terrorista fanatico incappucciato ed armato di coltellaccio, ma se poi aggiungiamo che questo era solo il prologo prima del piatto forte (ovvero il lunghissimo monologo del parroco), il dramma comincia a palesarsi in tutta la sua enormità.
Il prete - persona squisitissima e di una bontà senza pari, come del resto i suoi catechisti - si è prodotto in una lunghissima analisi e spiegazione dei rituali e delle procedure che si sviluppano nel corso della messa domenicale, soffermandosi minuziosamente sui dettagli più imprevedibili e sulle origini dei termini lessicali relativi all' ambiente della chiesa.
Una micidiale, lunghissima cavalcata oratoria che si è sviluppata in maniera inappuntabile ed esaurientissima, senza trascurare niente. Una superazzola religiosa, una sorta di super-omelia fuoriprogramma dalla potenza nucleare.
Per tutto il tempo, non posso negare che mi sono sentito come se dei minatori cinesi mi stessero  inesorabilmente martellando i testicoli con dei giganteschi picconi e, quando finalmente è giunta la fine di quella micidiale tortura che non avrei augurato al mio peggior nemico, non mi ricordavo nemmeno il mio nome.

Nessun commento:

Posta un commento