giovedì 7 gennaio 2016

LE SCELTE SCOLASTICHE SONO IMPORTANTI

Il giorno dopo l' Epifania è classicamente riconosciuto come il giorno del rientro a scuola, dopo un paio di gustosissime vacanze natalizie. Non è il massimo della gioia ripresentarsi davanti al cancello del plesso scolastico, un po' come il lunedì all' inizio della settimana che ci impone di riprendere immediatamente il contatto con la realtà risvegliandoci da un dolce sonnellino notturno.
Tra le altre cose, secondo il calendario cristiano è anche il mio onomastico (S. Raimondo) e non ho mai fatto salti di gioia pensando di doverlo festeggiare tornando in classe e togliendo polvere ai libri di testo - magari anche ritrovandosi nel bel mezzo di qualche interrogazione a sorpresa - ma poi, alla fine, ti metti l' anima in pace e la rassegnazione serena e fatalista prevale sul malinconico ricordo delle vacanze appena terminate.
Stamane, proprio riaccompagnando mia figlia Martina a scuola dopo questa lunga e felice pausa festiva, mi tornavano alla mente vecchi ricordi sbiaditi dal tempo ma sempre vivi nella mia memoria, per l' effetto e le conseguenze successive patite sulla mia pelle.
Mi riferisco a quel periodo ad inizi degli anni 90 in cui dovevo iniziare le scuole superiori, ed avevo appena finito le medie con un giudizio fantastico, un "ottimo" che mi avrebbe teoricamente aperto qualsiasi porta del mio immediato futuro, un eccellente biglietto da visita per i miei studi successivi.
Ricordo i tanti appuntamenti organizzati dalla scuola media in funzione dell' orientamento futuro, in cui ci venivano presentati i piani di lavoro e l' organizzazione dei vari istituti, licei, professionali, etc. in cui la maggior parte di noi avrebbe indirizzato la propria scelta.
E, se questa fosse la scena di un film commedia o thriller, la colonna sonora comincerebbe a farsi più inquietante, in quanto il sottoscritto aveva il cervello ancora intorpidito dal primo affiorare dell' adolescenza e non ragionava per tanto al massimo della propria capacità: mi ero intestardito che volevo frequentare l' ITI (acronimo di Istituto Tecnico Industriale) non tanto per vocazione o per lucida scelta legata ad un ragionamento lineare e consapevole, ma solo ed unicamente perchè.... anche un mio giovane zio, appena diplomato pochi anni prima, aveva scelto di fare quel tipo di scuola superiore. E dato che lui aveva scelto di fare il perito elettronico, ovviamente anch' io avrei seguito la sua scia.
Insomma, un innegabile spirito di emulazione da fare invidia ad un pappagallo oppure ad una scimmia, perchè niente mi avrebbe fatto desistere da quel proposito, costasse quel che costasse.
Ovviamente, con un giudizio finale basato sull' "ottimo" rilasciato dai miei vecchi professori, il nuovo istituto mi accolse a braccia aperte e, al termine dell' estate, mi ritrovai all' inizio di questa nuova avventura, pieno di stimoli e desideroso di fare bene.
L' estate appena finita era stata bellissima, trascorsa in Sicilia come sempre, tra mare, coccole e divertimenti vari, guardando partite in tv (erano appena finiti i Mondiali di Italia 90 e la popolarità del sicilianissimo Schillaci era ai massimi livelli) e osservando con estremo interesse quelle ragazzine mie coetanee che stavano cominciando a far sbocciare la propria acerba bellezza adolescenziale.
Ma l' attesa era tutta per l' inizio della nuova avventura, quella al termine della quale mi sarei ritrovato con il diploma di maturità in mano e pronto a partire per il servizio militare. 
Nuovo taglio di capelli (all' epoca avevo una folta chioma di capelli rossi) e cambio radicale di pettinatura, stavolta cortissimi e "a spazzola": volevo cominciare a sembrare più grande, ed il nuovo look mi piaceva tantissimo perchè andava in quella direzione.
Tra l' altro, l' ITI non si trovava nella mia città, ma avrei dovuto raggiungerlo quotidianamente con la corriera extraurbana, essendo situato ad una decina di chilometri da dove abitavo all' epoca.
Beh, potrei cominciare una lunghissima e documentata raccolta di orrori visti e toccati fin dal primo giorno di scuola, con una insegnante (?) di italiano algida e fredda come un cubetto di ghiaccio, dal sorriso sarcastico e crudele e che sfogava probabilmente tutte le sue insoddisfazioni personali e familiari nella maniera più sbagliata e vile possibile: rifacendosi sui suoi alunni ed umiliandoli con battute che non facevano ridere nessuno, se non il proprio ego infarcito di stupidità e pochezza umana. Una persona insulsa e vile, priva di carisma ed autorevolezza, che faceva leva unicamente sulle paure degli studenti e sulla minaccia continua di interrogazioni a sorpresa nonostante il "nulla" assoluto che si riusciva a percepire durante le sue spiegazioni in aula. Tanti giri di parole che ricordavano le supercazzole del Conte Mascetti (alias Ugo Tognazzi) della trilogia cinematografica di "Amici miei" e che lasciavano inebetiti e senza avere capito un cazzo di ciò che avesse detto l' intera classe... e niente più. Una persona orrenda, che nemmeno nel mio peggiore incubo avrei saputo immaginare, tanto lei era oltre i limiti.
E visto che le complicazioni viaggiano sempre in compagnia, quella appena descritta non era altro che la punta dell' iceberg (di marcio letame), che nascondeva nella sua parte sommersa un' infinità di orrore altrettanto spaventosa. Tra i primi posti di questa squallida classifica ricordo ancora un' anzianissimo professore di geografia, talmente vecchio che credevo lo avessero riesumato dal cimitero proprio all' ultimo momento e rivitalizzato con qualche stregoneria di magia nera. Ma l' età anagrafica non sarebbe stata di certo un problema, se quel corpo avesse custodito un' anima: avevamo davanti a noi un altro chiarissimo esempio di inquisitore medievale che traeva piacere e libidine nel vedere paura, incertezza e timore negli occhi degli alunni.
Non urlava mai, anzi. Parlava con un tono di voce piuttosto basso, per propria scelta: in questa maniera, nel silenzio irreale della classe - che ammutoliva in silenzio non appena questo inquietante figuro entrava dalla porta e raggiungeva la cattedra col proprio registro sottobraccio - il suono delle sue parole appariva ancora più sinistro e la suggestione che rievocava in noi aveva l' effetto devastante della carezza di un licantropo idrofobo nel bel mezzo della notte più buia.
Non parliamo, poi, di quando questo inquietante professore iniziava a interrogare: il panico si diffondeva in classe come se ci trovassimo imprigionati su di un peschereccio che stava per affondare inesorabilmente e senza speranza di salvataggio. Potevi avere studiato per ore ed ore, ma quella sensazione di insicurezza, ansia e paura non ti avrebbe mai abbandonato ugualmente.
Se tu non avessi esposto le definizioni nella stessa precisa identica maniera desiderata da quell' avanzo di cimitero, ti saresti ritrovato un voto bassissimo a rovinare il tuo percorso scolastico nella sua materia. Domande a sorpresa e con aria pungente e sarcastica (doveva essere l' aria che rovinava il cervello di quei professori, forse avevano costruito quell' ITI sopra i resti di qualche cimitero indiano), molte furono le vittime di quel pazzo e ne ricordo ancora le facce stravolte. Con vivo fastidio e rabbia.
Purtroppo anche gli altri docenti presenti in quella sciagurata sezione erano in linea con i propri colleghi e, sebbene con minori problemi, pure questi presentavano delle criticità mica male: da quello di fisica (che stravolgeva i grafici relativi alle formule di cinematica), a quello di officina, che aveva il pregio di essere bravo a spiegare la sua materia quanto io a fare il cardiochirurgo. Idem per quella di inglese, che almeno ci portava a vedere i film in lingua originale durante la sua ora.
L' unico che si salvava era quello di disegno, che era un pazzo assoluto - ma in senso buono, stavolta, essendo un bonaccione che sapeva insegnare - ma purtroppo dovette essere sostituito dopo pochissime settimane per via di alcuni gravissimi problemi personali che lo costrinsero ad abbandonarci e prendersi un anno di aspettativa. Insomma, era destino che dovessimo trovare nella merda.
Ci divertivamo solamente quando avevamo le nostre due ore di educazione fisica, in cui ci organizzavamo in due squadre e ci sfidavamo in epiche partite a calcetto nel campetto della scuola. Ma era troppo poco e, ai primi di febbraio, cominciai a fare i conti con una strana sensazione di incertezza mai vissuta prima, una terribile inquietitudine che mi costrinse a fermarmi: cosa mi stava succedendo? Paura, ansia, timori per il futuro si erano impadroniti di me e mi impedivano di pensare lucidamente a cosa fare per poter riorganizzare le mie risorse.
Quell' ambiente pazzesco ed assurdo, quell' inferno cammuffato da scuola superiore aveva minato in maniera irrimediabilmente ogni mia percezione di normalità, ero sempre ansioso e mi sentivo sotto pressione, al punto che dovetti prendere una decisione tremenda ed impensabile: volevo smettere di andare a scuola, abbandonare gli studi e trovarmi un lavoro.
Sì, da tanto che ero rimasto deluso da quello che avevo visto e quell' ambiente così ostile e diverso anni luce da quello che io immaginavo e che avrebbe dovuto essere in un mondo perfetto, che non vedevo altre alternative.
Fui convocato anche dal preside,  che aveva provato a convincermi a desistere da quel proposito una volta appreso della mia intenzione di abbandonare l' istituto: aveva appena visto i miei voti (il più basso era un 6,5 ) e insisteva sull' importanza di continuare a studiare con la stessa forza e con la stessa intensità avuta fino a quel momento. Secondo lui, se io avessi lasciato, sarebbe stata una scelta sbagliata e avrei rischiato di compromettere il mio futuro.
Purtroppo la mia autostima non esisteva più, era stata distrutta da quel manipolo di criminali che aveva come docenti (?) e non volli sentire ragioni, fino a costringere i miei genitori a firmare i documenti che formalizzavano il mio ritiro ufficiale da quell' inferno.
Basta così, pensai tra me e me. Cercherò un lavoro e comincerò a guadagnarmi da vivere fin da adesso, così tra qualche anno potrò acquistarmi una macchina e tutto quello che mi serve.
In realtà, dopo qualche tempo di riposo, mia nonna Maria (quella che viveva in Sicilia) cominciò a parlarmi con insistenza del fatto che io avrei dovuto ricominciare a studiare fin da settembre, magari cambiando indirizzo ma comunque avrei dovuto pensare al mio futuro e gettarmi alle spalle quell' esperienza negativa così assurda e sfortunata. Sarebbe stato un delitto gettare alle ortiche il mio potenziale per colpa di alcuni professori incapaci e questa era l' unica via percorribile.
Beh, chi mi conosce sa bene quanto sia stata importante per me la mia amatissima nonna Maria, un po' la Stella Polare della mia vita, ed anche per questo cominciai a riflettere a fondo sulle sue parole e, seppure perplesso e timoroso riguardo alla possibilità di ritrovarmi di fronte ad insegnanti simili anche in un altro istituto, mi convinsi della necessità di provare a me stesso di essere all' altezza delle aspettative delle persone che mi volevano bene, a cominciare da mia nonna.
E così, per la gioia di tutti, mi iscrissi all' istituto per geometri (anche se avrei preferito studiare per diventare giornalista, ma non c' erano i soldi per arrivare fino all' università) e ricominciai subito a studiare, trovando nuovamente l' ambiente giusto per esprimere le mie qualità ed arrivare al diploma.
Quel sospirato pezzo di carta che dedicai alla memoria della mia nonna carissima, la persona che più di tutte aveva creduto in me.
E con buona pace di quel preside, di tanti anni addietro: l' unica scelta sbagliata, era stata quella in cui avevo voluto iscrivermi al suo istituto...!

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