giovedì 23 febbraio 2017

LA GRANDE VENDETTA

La mia ostilità nei confronti delle ingiustizie di ogni sorta affonda le sue radici in tempi lontanissimi, e manifestava i suoi primi segni importanti ed evidenti nella mia verdissima fanciullezza.
Estremamente significativo quell' episodio in cui mi ribellai apertamente contro il conformismo e l' ostracismo dei bimbi più grandi (circa 6 anni più adulti rispetto a me, che all' epoca ne avevo quattro di età). 
Ricordo che erano i tempi in cui questo gruppo di bambini - amici e coetanei di un mio cugino - amavano giocare con i giocattoli di quell' epoca (Playmobil, Micronauti, robot ispirati ai cartoni animati, etc.), ma non disdegnavano affatto di lanciarsi in progetti creativi come quello decisamente interessante di autocostruirsi delle macchinine (tipo quelle dei go-kart) a grandezza naturale, utilizzando pezzi trovati tra i rottami della discarica.
Ruote ricavate da qualche passeggino, volanti di fortuna, telai tenuti insieme dal fil di ferro e molti altri espedienti di fantasia vedevano nascere delle creazioni di design avveneristico da fare invidia a Giugiaro.
Ma il bello veniva quando quei giovanissimi birbanti prendevano posizione a bordo di quei rottami a quattro ruote e, raggiunto il punto più alto di una vecchia stradina isolata nelle campagne lì intorno, si lasciavano andare spericolatamente con le loro improbabili macchinine correndo (per forza di gravità e di incoscienza, ovviamente) facendo a gara a chi arrivasse prima al traguardo.
Ammesso che ci arrivasse, al traguardo.
Il più delle volte mi ricordo che si spalmavano sull' asfalto dopo che il proprio catorcio finiva inesorabilmente per disintegrarsi per le disumane sollecitazioni a cui era sottoposto nel corso di quella folle discesa. Bestemmie, urla di dolore ed imprecazioni di ogni tipo risuonavano (con tanto di eco) per centinaia di metri ed nei casi più gravi si doveva ricorrere alle cure delle mamme, con cerotti e alcool (quello rosso, che bruciava come le fiamme dell' inferno).
Ma dopo le prime cure le caso, inevitabilmente bisognava pagare il dazio all' ira delle madri, mediante sonori ceffoni scaricati con notevole intensità, per via degli abiti lacerati nel corso delle rovinose cadute.
Ecco, nonostante tutto questo assurdo scenario e con la concreta prospettiva di mettere a repentaglio la mia incolumità, ero straordinariamente affascinato da queste gare clandestine artigianali.
Peccato che questa piccola comunità di giovani banditi fanciulli non mi volesse tra i coglioni, adducendo la risibile giustificazione che io fossi troppo piccolo e pertanto rischiassi di farmi del male.
Ma il loro ostracismo e la loro ipocrisia non facevano altro che alimentare i miei propositi di vendetta ed innaffiare i teneri germogli del male che affioravano in me nonostante la verdissima età, e piano piano rafforzai in me la convinzione che avrei dovuto dare un segno tangibile del mio disagio, esprimendo in maniera evidente tutto il mio dissenso.
E venne il giorno della grande vendetta.
Dopo avere studiato per giorni e giorni le loro abitudini, realizzai che quella ciurma di stronzi bambini si radunava solitamente presso un muretto nelle vicinanze del garage di uno di essi.
 Questo piccolo muro - al di sotto del quale, a valle, si trovava una fossa di un paio di metri di profondità - fungeva da panchina per i nostri fanciullini, che si appollaiavano come galline lì sopra quando volevano rifiatare tra una corsa e l' altra oppure semplicemente per scambiare due chiacchiere tra di loro.
Con grande lucidità, mi avvicinai a loro manifestando una finta indifferenza - per non metterli sull' allerta - e mangiucchiando con gusto una merendina appena presa a casa di mia zia; ergo, mi avvicinai piano piano a Massimiliano (il bambino che più mi stava sui coglioni e, come potete intuire, quello che più mi era ostile) e, senza pensarci troppo, lo spinsi giù dal muretto sfruttando con successo l' effetto sorpresa.
Il poveretto cadde giù nella fossa sotto lo sguardo inorridito e sorpreso dei suoi compagni, mentre un ghigno di soddisfazione diabolica apparve sulla mia faccetta d' angelo. Missione compiuta. Che vi serva da lezione.
Per la cronaca, a parte qualche bel livido ed il fisiologico spavento, quel bambino non ebbe danni permanenti dalla caduta nel burrone non si fece troppo male, ed io me la cavai con un semplice rimprovero senza sculaccioni (in fin dei conti, ero un bambino di appena quattro anni).
Ma la soddisfazione per avere bevuto il dolce sapore della vendetta fin da quei tempi lontanissimi, è vivo tuttora.


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