martedì 26 febbraio 2019

METODI EDUCATIVI, OGGI E IERI

Quando ero bambino e vivevo in un paesino sulle colline della Versilia, in Toscana, i social network erano ancora lontani dall' essere realtà. Anzi, non potevano nemmeno essere concepiti nella maniera in cui li adoperiamo nella vita di tutti i giorni. Erano i primissimi anni 80 del secolo scorso, un mondo parecchio diverso e faticoso da immaginare per le generazioni più fresche e recenti. Ma tant'è...
Il surrogato naturale non avrebbe potuto essere diverso dalle chiacchiere e dai pettegolezzi di paese, in cui una o più compaesane si recavano a casa di una terza persona per farsi i cazzi altrui e chiacchierare per ore, ore ed ore di tutto ciò che poteva essere considerato inutile.
Non essendoci miei coetanei nei paraggi con cui giocare e trascorrere il mio tempo mentre mia madre si aggiornava riguardo gli avvenimenti e le vicende altrui, io mi limitavo a gironzolare malinconicamente nei paraggi, evitando di urtare la suscettibilità materna. Nel caso di un pomeriggio assolato e caldo, fortunatamente le adulte preferivano prendere posto nel modesto ma ordinato cortile di fronte alla casetta rurale; viceversa, in caso di pioggia o freddo, l' alternativa era un lunghissimo pomeriggio di rotture di coglioni attesa seduto su una sedia, in disparte, da autentico disadattato.
Ai tempi non avevo ancora imparato a leggere perchè la mia età era ancora quella da asilo (o scuola materna che dirsi voglia) e pertanto non avevo nemmeno il conforto di una minima lettura, che fosse un fumetto, un libro, una fattura, una bolletta della luce, etc. ... E d' altro canto, in quel paesino del cazzo non c' era nemmeno il giornalaio, l' unica che portava qualche rivista in negozio era la parrucchiera del paese, che gestiva ed aveva trasformato il proprio locale in parrucchiera/emporio/cartoleria/cementificio... Boh, insomma, tornando a casa della vecchia, ovviamente mi guardavo bene dal chiedere di accendere la tv (un pezzo da museo già a quei tempi, le immagini si vedevano in bianco e nero e, prima di avere la fortuna inaudita di trovare un episodio di "Braccio di Ferro", ti dovevi sorbire lunghe, lunghissime pause musicali denominate "intervallo", con schermate di luoghi panoramici e sottofondi musicali di musica classica) per evitare di prendere uno schiaffone per l' impudenza da parte della mia manesca madre.
A pensarci bene, col senno di poi, forse avrei fatto meglio a chiedere lo status di prigioniero, detenuto o qualcosa del genere, dato che praticamente le restrizioni sul piano della libertà erano assai simili.
Mia madre, dal canto suo, era comprensiva quanto un tirannosauro all' ora di pranzo, era pronta a fulminarmi con lo sguardo non appena io avessi mosso un dito o mi fossi spostato dalla sedia e questa logorante situazione di stallo - che durava per ore, tra una chiacchiera e l' altra - si ripeteva quotidianamente. Ora potete immaginare che infanzia di merda il sottoscritto abbia alle proprie spalle! Il bello è che questa era solo la punta dell' iceberg, tanto per intenderci...
Comunque, ai giorni nostri, ho visto situazioni inverse, con madri che lasciano perdere e sorvolano sui comportamenti dei propri figli (esempio: tuo figlio va a casa di un altra persona e va ad aprirsi il frigorifero  come se fosse a casa propria, senza chiedere il permesso, oppure prende il telecomando e cambia canale impunemente, come se fosse a casa sua), anche quando passano abbondantemente il segno e scuotono bonariamente la testa, come se niente fosse.
Beh... Cosa devo dire? Io ho trascorso degli anni orrendi, ma almeno non sono mai stato "maleducato", anzi... Mi dicevano "che bravo che è questo bambino" senza capire che, in effetti, non avevo grandi margini di libertà, nel mio contesto. Ma nemmeno l' estremo opposto è giusto, se ci pensate bene...













Nessun commento:

Posta un commento