domenica 24 gennaio 2016

UNA VOLTA NON ERA COSI'....

Il calcio di oggi è uno schifoso contenitore vuoto, pieno di gente montata ultragasata e miliardari che pensano solo ai soldi ed agli sponsor che riempono di denaro le loro tasche. Non sono luoghi comuni, ma la semplice e cruda verità, nessun buonismo e niente ipocrisia.
Non esagero per niente quando dico che sono lontano anni-luce da quello che mi ricorda ormai solo uno dei tanti inutili, stucchevoli, odiosi appuntamenti tra promotori finanziari, manager senz' anima e tanti imbecilli che nutrono questo pallone ormai avvelenato e senza cuore.
Loro si autodefiniscono ipocritamente “professionisti”, mentre sarebbe più opportuno chiamarli “mercenari” per arrivare ad una sintesi ben più precisa e realistica della loro natura. Salvo pochissime eccezioni – che, paradossalmente, fanno quasi scandalo e scalpore quando ne viene resa nota la storia – ormai i calciatori non hanno più alcun amore per la maglia che indossano, ma concentrano il proprio interesse unicamente sul proprio ego e, soprattutto, sul proprio conto corrente sconfinato e senza vergogna.
Inseguiti da giornalisti acritici, ruffiani e troiette in cerca di facile popolarità in cambio di un po' di topa a bruciapelo, ormai hanno perso ogni contatto con la realtà, ritenendosi delle divinità a tutti gli effetti.
Molti di essi si fanno coinvolgere in inchieste e scandali legati a doping, droga, scommesse, incontri truccati ed altri traffici illeciti, facendosi sputtanare e gettando merda su quello che era semplicemente uno sport, un hobby, un passatempo.
Ora è  business, prima ancora che uno spettacolo da baraccone, sempre più patetico.
Si depilano e si curano le sopracciglia come se fossero delle top-model prima della sfilata, mentre la maggior parte dei capelloni usa cerchietti, gommini e laccetti intorno ai capelli, come tante checche di bassa leva.
Scarpette sgargianti di color fucsia, pettinature da bimbominkia perduto ed irrecuperabile, gadget all' ultima moda che inquineranno anche i cervelli innocenti di bambini e ragazzi (e non solo quelli) che si ispirano guardando questi coglioni da circo, visto che gli spettatori sperano più o meno inconsciamente che, imitando il look dei loro idoli (puah!) ne riceveranno anche i “poteri” (?) e le caratteristiche tecniche, in virtù di chissà quale magìa.
Ma il calcio non è solo questo. E' infatti anche molto peggio oltre a quanto detto finora, c' è molto marcio ancora nascosto dietro un pallone a spicchi, ma non è sempre stato così.
Quando ero bambino, amavo quello sport proprio per la sua semplicità e per il piacere che mi regalava con i suoi insegnamenti. Già, perchè si trattava  di lezioni di vita, mica sciocchezze e quisquilie. Il rispetto per l' avversario pur senza trascurare la competizione e l' impegno nell' esecuzione di ogni gesto tecnico, lo spirito di sacrificio e l' altruismo al servizio dei propri compagni di squadra e la generosità nell' impegno costante in funzione del gioco collettivo.
E' stato proprio il mondo del calcio ad accompagnarmi per tutta l' adolescenza fino a traghettarmi all' arrivo all' età della maturità: ricordo ancora le tante, tantissime cronache ascoltate alla radiolina col batticuore, trepidando per la mia squadra del cuore (per chi non lo sapesse ancora, ero e sono interista, anche se, come già detto in precedenza, ho perso quasi completamente il mio interesse per il mondo del pallone).
L' assoluta trepidazione aspettando il momento in cui – ai tempi in cui, da ragazzino ancora adolescente, giocavo nella categoria juniores di una anonima squadretta del campionato provinciale della mia città, e la passione infinita – aspettavo con ansia che l' allenatore annunciasse i nomi dei titolari che avrebbero giocato fin dall' inizio la successiva partita del sabato pomeriggio.
Il calcio era una battaglia, gli allenamenti settimanali fornivano sempre la possibilità di affinare le proprie abilità e mantenersi fisicamente all' altezza per il confronto con i futuri avversari in campionato e, aspetto non trascurabile, la chance di mettersi in bella mostra con le ragazzine che si fermavano a guardarci oltre la rete di recinzione del campo sportivo.
Ma questo era comunque secondario, la vera goduria sarebbe stata segnare un gol dopo una serpentina ubriacante – seminando avversari per il campo di gioco – oppure mettere a segno un colpaccio con una punizione-bomba che s' insaccava inesorabilmente dopo aver colpito la traversa. Magìa, emozione pura, sentimento e furore. Ma anche cavalleria e rispetto nella battaglia, con scontro duro ma corretto.
Perchè ognuno di noi si sentiva un guerriero, un gladiatore che stava per scendere nell' arena e dare tutto, ma proprio tutto, davanti agli spettatori.
E poco importava se il nostro pubblico era rappresentato da vecchi incontinenti (ma feroci come ultras sfegatati), qualche mamma apprensiva e ragazzine che poco o niente capivano di calcio.
Per noi quello sport era tutto, e questo maledettissimo calcio moderno, asettico e senz' anima, ci ha portato via il pallone prima che la partita finisse. Maledetti i soldi e chi ne ha troppi.

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