No, a scanso di equivoci è bene precisare subito che non c' entrano niente tormentoni televisivi, telenovelas e serie tv che hanno peraltro rotto i coglioni all' universo.
Ma è innegabilmente opportuno rivelare al mondo, proprio adesso all' inizio dell' anno nuovo (e che mi porterà a tagliare il traguardo dei miei primi quarant' anni fra pochi mesi) un segreto oscuro che mi trascino da oltre trenta e più anni e che riguarda le festività natalizie ed i doni che si scartano in questa occasione.
Ma entriamo nel dettaglio. Ricordo benissimo quel giorno caldissimo d' estate in cui appresi, con dispiacere e disappunto, la verità riguardo all' esistenza del caro vecchio Babbo Natale: uno shock terrificante, al quale poco o niente valeva come consolazione sapere che, in pratica, avrei comunque avuto i miei regali ugualmente, e non sarebbe cambiato niente nella sostanza. Non era la stessa cosa, niente sarebbe stato più come prima. Pazienza, comunque il mondo andava avanti.
Ed avendo due sorelle più piccole alle quali continuare a mantenere il segreto della favola gioiosa di Babbo Natale, avrei dovuto appoggiare pienamente le iniziative di mia madre (era lei il vero motore delle iniziative natalizie, a mio padre importava francamente poco).
Insomma, quando arrivavano i primi giorni di dicembre, lei acquistava i giocattoli e nascondeva questi enormi scatoloni nel profondo di una sezione del colossale armadio che, a quei tempi, troneggiava imponente nella sua camera matrimoniale. Poi, con calma, avrebbe provveduto a confezionare le scatole ricoprendole con la carta da regali più bella e colorata che trovava in cartoleria, in maniera da essere pronti per essere recapitati - la sera della vigilia - dal nostro amico "Babbo Natale" (in genere, con qualche espediente, facevamo suonare il campanello d' ingresso e poi i regali venivano trovati sulla soglia della porta dai bambini in estasi).
E qui scatta il "segreto".
Quando ero sicuro al mille per mille che mia madre e le mie sorelle fossero fuori casa per fare la spesa (contemporaneamente mio padre era a lavorare in fabbrica), io mi muovevo furtivamente lungo casa e, silenzioso come un' ombra, penetravo nella sacralità della camera matrimoniale dei miei vecchi con lo stesso atteggiamento di un profanatore di tombe alla ricerca di reliquie e tesori da rubare. Facendo la massima attenzione a non lasciare impronte sul pavimento tirato a lucido con la cera (maledette pattìne) e memorizzando con cura come fossero disposti i singoli oggetti attorno a me per rimetterli adeguatamente a posto al termine delle operazioni, riuscivo ad accedere a quell' area dell' armadio dove erano custoditi i tesori, prima di essere rivestiti dalla carta-regalo.
Ergo, con estrema abilità, tagliavo lo scotch che assicurava la chiusura della scatola e ne testimoniava l' integrità (?) come se fosse una specie di inviolabile sigillo e, finalmente, riuscivo a mettere le mani, nel vero senso della parola, su quei giocattoli che, formalmente, avrei dovuto toccare non prima che fossero trascorsi almeno una ventina di giorni.
Per pochi interminabili secondi, si mescolavano dentro di me delle sensazioni fortissime e contrastanti, che si accavallavano l' una sull' altra: la gioia e la soddisfazione per avere violato con successo quella formidabile rete difensiva andavano a cozzare contro l' adrenalina a fiumi che mi scorreva nelle vene, per la piena consapevolezza di rischiare la mia vita (se la mamma mi avesse beccato, avrei fatto sicuramente una fine orrenda). Quindi, dopo pochi secondi di rassegnata contemplazione in cui dicevo silenziosamente "arrivederci" ai miei regali, scattava la fase due del piano, ovvero ripristinare correttamente lo scotch sulla scatola (assicurandomi che l' impronta del nastro adesivo fosse correttamente ricalcata dal nuovo pezzetto di scotch) e successivamente riposizionare in sede tutte le scatole senza che queste tradissero la minima imperfezione: come detto, ne valeva della mia vita.
Trattenendo il fiato come se percorressi a piedi nudi un campo minato pieno zeppo di esplosivo ad altissimo potenziale distruttivo, sgattaiolavo fuori dalla camera matrimoniale ed assumevo l' aria innocente e falsamente ingenua di un angioletto, in attesa del rientro di mia madre.
Il vero test era quello: se lei, al suo ritorno, non avesse trovato niente di strano, questo significava che avevo fatto un lavoro pulito e senza errori di alcuna sorta.
E devo dire, con estrema soddisfazione, che non se ne è mai accorta, ma non certo per sua superficialità (essendo precisa e pignola come pochi altri al mondo), ma per una estrema maestria del sottoscritto....
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